«L'unica scuola dell'umiltà è la vita, e la vita al contrario dell'esistenza è dinamica. Quell'umiltà che soventemente viene idolatrata, promossa, ed esercitata molto spesso non è altro che un atteggiamento convenzionale.
L'umiltà, anche estesa alla sua massima e nobile accezione del termine, è applicabile esclusivamente al piano esistenziale e sociale, e non implica nulla di determinante per ciò che concerne la realizzazione spirituale.
L'umiltà dunque, non è niente di più che un riflesso di ciò che è: «la spinta verso l'essere, la dipendenza dal principio supremo e da tutti i princìpi universali e sovra-individuali necessari per realizzare la realtà assoluta».
Ciò che nell'ordine universale è rappresentato dai due princìpi: l'uno discendente o negazione del principio, e l'altro diametralmente opposto, ascendente e quindi la dipendenza dal principio, si riflette sul piano orizzontale come orgoglio e umiltà. Quest'ultimi, appartenendo alla stessa realtà condizionata in quanto semplici atteggiamenti morali, per la loro natura statica, non qualificano di per sé nessun valore positivo o negativo, se messe di fronte alla verticalità del dinamismo dei due moti diametralmente opposti; l'uno ascetico ed evolutivo verso la realizzazione spirituale, e l'altro discendente e involutivo verso la massima condizione di manifestazione della gerarchia degli stati dell'essere universale.
Dunque, questi due princìpi di orgoglio e umiltà, assumono entrambi una valenza positiva se sublimati o spiritualizzati dalla potenza ascetica.
A tal proposito, questi due atteggiamenti contrapposti, possono essere sublimati entrambi su gradi di realtà superiori «attraverso la profonda onestà nei confronti della coscienza (attività spirituale = prima e più fondamentale relazione del soggetto con la realtà assoluta)».
La persona, che in virtù della sua stessa attività apre gli occhi alla natura oscura della vita, si rivolge dapprima di fronte a sé nel suo stesso lavoro di approfondimento.
«Solo l'approfondimento in rapporto all'Axis Mundi, può far scontrare l'essere individuale con la realtà a lui superiore e da lui ingovernabile, e metterlo nei confronti di quest'ultima in una condizione di subordinazione, che si riflette automaticamente sul suo intero ambiente circostante, per il fatto che egli è costretto a de-costellare tutte le realtà sul quale egli si basava».
L'ignoranza, ha i suoi molteplici livelli e determina la condizione di esistenza, e rappresenta il grado di orizzonte intellettuale di ogni essere condizionato; a partire dall'ignoranza più oscura e ascendendo per gradi e per livelli fino alla conoscenza più pura.
La "dipendenza dal Principio" (principio mascolino) è superiore "all'umiltà" (principio femmineo), e ne è il suo principio diretto:
"l'essere individuale e dunque condizionato, penetrando l'esperienza e quindi l'occasione di approfondimento, può con l'onestà necessaria assimilarla realmente nel suo principio, e quindi comprenderne tutte le sue modalità di manifestazione".
Vien da sé, che l'essere in questione affacciandosi realmente a gradi più elevati di quello nel quale egli attualmente si trova, può effettivamente verificare la mancanza di qualifica necessaria, per questo passaggio ad un livello più elevato della gerarchia degli stati dell'Essere Universale. Con questo dato onestamente approfondito ed acquisito in evoluzione verso la realizzazione integrale, non può fare altro che adottare un atteggiamento di profonda umiltà (libera dai condizionamenti morali) nei confronti del suo ambiente, al fine di ri-organizzarsi nuovamente per il fine preposto.
L'umiltà non può essere né pretesa né trasmessa, occorre altresì guidare il soggetto a scoprire il suo stato di passività nei confronti della realtà assoluta, e anche la realtà condizionata della natura materiale, in modo che si attivi verso la sua stessa liberazione sublimando tutto il suo essere».
Fabio Lapini