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La strana concezione della coatta reincarnazione

Desidero qui, con assoluto rispetto, porre in essere una questione oltre le tante da me già approfondite e pubblicate, che riguarda anche in questo caso «l’interferenza delle potenze diaballiche contro-tradizionali e i loro effetti sugli insegnamenti Sacri», causa questa, per quanto mi riguarda, come è noto tra coloro che hanno individuato il mio pensiero, e perfettamente in linea con il pensiero Tradizionale, «di tutte le circostanze negative nessuna esclusa, sia nell’individuale come nel sociale».

Continua imperterrita la pericolosa diffusione della disinformazione dottrinale da parte dell'istituzione Buddhista a proposito della «manifestazione (1) ad oltranza», anche se il maestro Nichiren Daishonin mai ha fatto nessuna allusione a questo proposito (Egli ambisce alla liberazione finale, es: Gosho “Le 14 offese”). Questa reincarnazione infinita e obbligatoria, sostenuta dall'istituzione, dove al contrario di tutte le altre tradizioni Buddhiste, a prescindere dai contenuti più o meno eretici ma tutte equanime e in accordo su questo principio fondamentale della liberazione finale dalle rinascite, fonda la sua causa sulla incomprensione del ricongiungimento definitivo con il Tutto. Essi confondono palesemente il mezzo con il fine, e per la loro forte tendenza al progressismo, attribuiscono al maestro fondatore, il “merito” di aver rivoluzionato l’intera dottrina originale togliendo di mezzo il principio metafisico principale e cardine; il Nirvana, quando invece il maestro Nichiren, al contrario, non solo non ha mai sconvolto la dottrina originale, ma l’ha sempre e solo difesa a spada tratta. Ebbene, ciò che essi “ancora” non hanno inteso, è che; il merito del maestro fondatore in quanto “Buddha originale” (termine questo, che sarebbe da loro tutto da approfondire), è stato quello, a fronte delle pratiche inefficaci del suo tempo, di intuire e proclamare il metodo per risvegliare l’illuminazione, ma sempre beninteso come mezzo e non come fine. La concezione istituzionale del conseguimento della Buddhità (stato di Buddha), peraltro in totale disaccordo con le 4 nobili verità, stando dunque a sentir la retorica comune dei loro adepti, sostiene che: «il principio di Nirvana, alla stregua del paradiso della teologia Cristiana, sarebbe del tutto noioso e deprimente» poiché, secondo la loro concezione, la cessazione della sofferenza sarebbe l’equivalente della cessazione della vita (che tra le tante, loro chiamano impropriamente “vita”, concependo quest’ultima in modo improprio, e cioè integrandola totalmente nel pacchetto dell’esistenza, ma che in realtà quest'ultima è solo un aspetto della vita) senza considerare invece, che la fonte della vita o «centro dell’universale», è la pienezza assoluta della vita e della felicità ininterrotta ed Eterna. L’istituzione invece, puntando tutto sull’esistenza, eliminando questo aspetto veramente conclusivo e abbassando tutto l’universo all’immanenza, predica la distorsione dell’insegnamento dottrinale, quale; «l’illuminazione, tramite il metodo di Nichiren Daishonin è già di per sé il fine», e di riflesso dunque, la pienezza della realizzazione non è quella di ottenere la Felicità Eterna e incondizionata (Nirvana) riunendosi al Tutto universale attraverso la conversione dell’io individuale, ma insegnando che; da una parte «la rinascita è obbligatoria», e dall’altra, «che non esiste via di liberazione che non sia quella di risvegliare l’illuminazione nascita dopo nascita all’infinito». A tal proposito, essi hanno confuso anche tali significati, quali: «l’infinito con il finito», poiché, parlando di esistenze a ripetersi infinitamente, essi dovrebbero parlare invero, piuttosto, di «ripetizione indefinita», concetto più prossimo a definire la condizione d’esistenza, e che invece, l’infinito che è veramente incondizionato a tal punto che non si può neanche pronunciare, è al di fuori da questa condizione della ri-manifestazione coatta da loro concepita come sfondo su cui proiettare la luce universale. Dunque, destinati alla condizione eterna per poter sperimentare «l’illuminazione», elemento questo che fin dagli albori dei tempi, è stato descritto come faro guida, come raggio luminoso che indica la via di uscita nella liberazione da tutte le condizioni dell’esistenza, per la Gakkai invece diventa «una luce che illumina le tenebre della condizione ontologicamente imposta, al solo scopo di liberare momentaneamente il soggetto che poi dovrà essere sottoposto a questo sfondo obbligatorio dell’esistenza». Per quanto mi riguarda, tale concezione non è presente dottrinalmente parlando in nessun tipo di Buddhismo Tradizionale e tanto meno nello stupendo insegnamento del Daishonin, questo dato dottrinale che mostrerebbe questa «accezione positiva della coatta ri-manifestazione all'indefinito».

Al contrario, l'illuminazione, fenomeno questo che secondo il maestro Nichiren è attualizzabile solo ed unicamente tramite il metodo da lui proclamato, è nello specifico la via per il conseguimento della Buddhita (Anuttara-samyak-sambodhi), che consiste nello specifico nella liberazione dai cicli delle di nascita e morte (le condizioni di esistenza) e sia le rinascite (l'obbligo alla ri-manifestazione), vale a dire la realizzazione spirituale ultima. Per cui, facendo le dovute distinzioni: il mantra e titolo del Sutra del Loto o «Namu Myoho Renge Kyo», per la sua funzione specifica (a quanto afferma il maestro N. Daishonin) di metodo per l’ottenimento dell’illuminazione e dello stato di Buddha adatto a questo tempo oscuro di mappo”, vanta in esclusiva l'efficacia al raggiungimento di tale scopo, ovvero «quello di risvegliare la saggezza necessaria per il viaggio sino all'ottenimento della Buddhità». Per questo occorrerebbe prestare la massima attenzione a non confondere il mezzo con il fine ultimo; anche se l'illuminazione è rappresentata dal Loto che è assieme il fiore e il frutto, è dunque assieme sia l'illuminazione che la liberazione, «la dottrina assume sempre un ruolo determinante verso lo scopo ultimo o lo stadio eternamente incondizionato», ed ogni tradimento nei confronti di quest'ultima è da considerarsi a tutti gli effetti nocivo (offesa alla Legge).

 

 

Fabio Lapini

 

(1) Il termine "re-incarnazione" è di origine spiritista