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A proposito delle condizioni di esistenza

Dal diario della mansarda in data 6 aprile 2006.

 

«La genuina spontaneità dei figli è ostacolata dalle molteplici barriere mentali degli adulti, derivate dalle sempre più consolidate prigionie mentali, e da tutto ciò che su queste viene ad essere sviluppato ed edificato in termini di convenzioni sociali.

 

Nonostante questo tipo di visione della vita, una visione alquanto appannata a causa del limitato orizzonte intellettuale proprio di questa era oscura, e dunque insufficiente per la profonda conoscenza dei fenomeni manifesti, questa visione di natura individuale, e pertanto parziale, distorta, e quand'anche rovesciata, può risultare assai vantaggiosa a coloro che ahimè hanno sviluppato una notevole potenza individuale, per poter facilmente controllare l’ambiente per mezzo della loro prepotenza più o meno sottile o di natura psichica che sia.

Tuttavia, per ironia della sorte, a loro malgrado, tali fenomeni hanno vita breve, e dopodiché sono loro stessi a rimanere oggettivati dentro il loro stesso processo di oggettivazione da loro messo su e alimentato, e dunque, passano da essere controllori ad essere pienamente condizionati in rapporto a tutto il loro ambiente, dato che ogni sviluppo basato e poi sostenuto dalle paure, non può richiamare a se nient'altro che condizioni su condizioni di un sistema di cose costituito da soluzioni tutt'altro che liberatorie. 

 

In risposta alle necessità della gente, tali soluzioni sono rese loro disponibili in modi e forme negative da un sistema sempre più rigido e chiuso, le quali, gli individui moderni ne costituiscono per così dire l’essenza o la causa stessa.

 

Vien da se, che dopo tale atrofizzazione vitale, che si riduce e si trasmuta sempre più alla virtualità, anziché evolvere in senso diametralmente opposto o verso la scoperta della vita reale, venga ad essere da chiunque in modo più o meno disconosciuto, ogni elemento che porti di fronte alla realtà stessa. Realtà, che per chi è capace di assaporare il significato del presente argomento, non può che opporsi ad ogni sovversione di senso inerente alla sua stessa negazione, così come la Libertà si oppone in linea di principio alla prigionia ed alla condizione esistenziale.

 

Il fatto è, che l’individuo che tradisce sé stesso, si autolimita determinando il proprio orizzonte intellettuale, e nega conseguentemente tutto ciò che si estende al di là della sua capacità, è costretto per effetto della cristallizzazione mentale, ad affermare allo specchio dell'ego, che: “L'essere condizionato equivale esattamente all’essere libero”.

 

Questo avviene solo per il tempo che il soggetto pone le cause della negazione stessa, rifiutandosi di scendere nel suo campo di battaglia interiore, li dove egli avrebbe in caso contrario, la possibilità di diventare più forte (beninteso che si colga in questo caso il significato più profondo ed essenziale, quando invece gli effetti si presentano con tutta la loro condizione).

 

L’individuo, che intanto continua la sua opera di sbarramento mentale, e quindi disconoscendo sempre più la coscienza universale, si abitua ed accetta in modo naturale le sempre più numerose condizioni dell'esistenza, e tutti i suoi limiti rispetto alla propria interazione con il suo intero ambiente esterno (a cominciare dal suo stesso corpo), di cui egli ne resta poco a poco sempre più imprigionato. Ho appena detto “accetta” ma intendo ciò esclusivamente nel senso largo del termine, poiché sempre in linea di principio, sarebbe corretto precisare, che egli disconoscendo la propria coscienza capisce o quantomeno percepisce, che ciò che andrà a guadagnare sarà sproporzionatamente inferiore in rapporto a ciò che andrà a perdere, e quindi accetta la propria condizione già sin da quel momento.

 

Al momento che gli effetti, che sotto forma di limiti auto-causati gli si presentano, sia per quanto riguarda la risoluzione delle condizioni nella loro apparente causa di sofferenza, e sia per quanto riguarda tutto ciò che a tali limiti passati sono inerenti, compreso il fatto di poter usufruire delle protezioni celesti o ultra individuali, ma sempre meno, man mano che avanza la costruzione delle barricate vitali.

 

Il soggetto, non accettando la condizione che aumenta indefinitivamente, cerca di dominare il suo ambiente dalla postazione per così dire: "in retroguardia da dietro le barricate", e nonostante egli si senta protetto, è in realtà imprigionato con tutti i suoi limiti in quella zona che egli percepisce come una “fortezza della salvezza”, che si trova a sua volta all’interno di quell’isola che a sia insaputa è oramai espugnata ed invasa.

 

Tale condizione, per effetto della sovversione di princìpi e di senso viene scambiata illusoriamente per "libertà" da quest'ultimo e da tutti coloro dello stesso grado di realtà, mentre al contrario, ciò che è "la vera libertà" che a suo tempo li chiamò a se, la riconoscerà come "prigione, castigo, giudizio".

 

Fatto sta che per pura pigrizia, o passività spirituale, moltitudini di individui cadono "nell’errore dell’autosufficienza", prendendo una posizione dominante in rapporto ai princìpi superiori. Negazione questa, che non può che produrre niente di più che l'illusione e il nulla.

 

Questa mia riflessione, considerata la mia attuale condizione di dura prova psico-fisica alla quale sono sottoposto, è il tentativo di esprimere nei limiti del possibile per quanto io sia consapevole, una volta considerati i miei limiti ma anche la mia attività nel superarli, e di far emergere allo stato attuale delle cose, quanto gran parte degli individui che mi circondano siano a loro volta caduti in livelli tanto in basso dall’essere costretti a procedere, checché ne siano inconsapevoli, necessariamente in direzioni diametralmente opposte a quelle che portano verso la felicità, che è la risultante immediata dell’incondizionato e della libertà.

Ed è sempre questa stesura, una sorta di preparazione per poter far sì che io possa continuare ad esprimere concetti assai più complessi, che nonostante i miei limiti riesco ad intuire, e con molta difficoltà potrei farmi intendere là dove è corretto, che ci sia tale conferimento di queste stesse conoscenze di ordine puramente universale.

 

Ebbene, dico queste cose senza superbia, ma solo per dare forma a un pensiero puro con tutte le sue contingenze, e dunque, non dalla posizione di chi ha realizzato quel livello necessario per poter risolvere tutte le condizioni di esistenza, e questo lo affermo per tutti coloro che si sentono nel diritto di poter criticare i sentimenti che mi spingono ad essere quello che sono, ma io sono a conoscenza di cose che non possono essere condivise e comprese tanto facilmente, se non da coloro che hanno avuto il coraggio di amare la Verità assoluta, almeno con la mia stessa naturale inclinazione e la stessa intensità se non in misura maggiore».

 

 

 

Fabio Lapini

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