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Il titolo e il mantra del Sutra del Loto

Il presente argomento, è un tema dibattuto negli ambienti che riguardano il Buddhismo di Nichiren Daishonin, con una ferrea presa di posizione da parte dell'associazione Soka Gakkai circa il fatto che «Namu Myoho Renge Kyo non sia un mantra ma un’invocazione».

 

Checché spesso si senta affermare, la parola invocazione è meno qualitativa della parola mantra, perché: mentre la prima può essere estesa propriamente a diverse sfere di esistenza, la seconda può essere riferita solo a quella Spirituale; man(as) - tra = trascendere la mente o manas attraverso Buddhi (intelletto cosmico).

 

«A trentadue anni tornò al Seicho-ji. A mezzogiorno del 28 aprile 1253 Nichiren Daishonin tenne il suo primo sermone e, davanti a Dozen-bo, agli altri preti e a numerosi ascoltatori laici, proclamò che Namu Myoho Renge Kyo è la sola grande Legge che può condurre all’Illuminazione l’umanità nell’epoca di Mappo».

 

 

Consideriamo ora il punto in questione, che nasconde delle ombre di non poca chiarezza riguardo al Daimoku del Sutra del Loto e dal fatto che «questo “sia" oppure "non sia” un mantra». Ciò è dovuto per diverse ragioni alla quale cercheremo di darne una risposta soddisfacente.

 

La radice man (da manas = mente) e la radice “tray” che ha il significato di liberare e purificare, e quindi, il vero significato di mantra è quello di: «trascendere la mente per poter attingere all'intelletto cosmico o Buddhi, e così attualizzare come effetto di ritorno la purificazione della mente».

Questo processo, stando a ciò che ha espresso abbondantemente il maestro Nichiren, non era propriamente ciò che succedeva in realtà a quei maestri ed a quelle scuole Buddiste, le quali egli ne confutava passo passo la fallaicità delle loro dottrine rilevandone e denunciandone a fortiori, l'impossibilità circa la realizzazione integrale dei seguaci di tali dottrine, a causa della discordanza con la Legge Mist(er)ica universale dell’illuminazione.

 

Queste correnti di pensiero, chiamavano arbitrariamente “mantra” tutte quelle invocazioni riguardo ai loro rituali, a prescindere che fossero realmente "mantra" o ne detenessero impropriamente il termine. In molti casi «erano semplicemente invocazioni, che al contrario di offrire la possibilità di trascendere la mente per permettere gli adepti di connettersi a Buddhi, altro non erano che illusioni delle più profonde e dunque con i mantra non avevano assolutamente niente a che fare».

 

Quando il maestro Nichiren nei suoi scritti si rivolge ai “mantra” delle varie sette eretiche come la Shingon, la Dainichi, Ritzu ecc... ne parla certamente, considerando l’abuso del termine di uso corrente nell'ambito del Buddismo in generale del suo tempo. Questi “falsi mantra” che a ragion veduta egli contestava per lo più anacronistici, o per così dire “scaduti”, e che dunque avendo perso la loro efficacia per questioni di tempo, luogo e circostanza(1), «si erano ridotti a delle invocazioni che non superavano il campo psichico o manifestazione sottile». Il loro campo d'azione in quanto invocazioni, riguardava l’immanenza della sfera psichica, e cioè, per intendersi, l’ambito della magia e della stregoneria(2), e quand'anche, queste pratiche non si spingessero così all'opposto della pura spiritualità, tali «invocazioni (e non mantra)» non erano altro che derivati e residui di antiche tecniche che in origine avevano effetti localizzati. L’effetto “meno negativo” causato dall’applicazione pratica foss’anche della più spiritualmente qualitativa di tali dottrine, era «non meno della cristallizzazione della mente anziché della sua soluzione(3)».

Questo è il motivo per il quale il Maestro Nichiren prende in maniera netta e al tempo scientifica, la distanza dall'uso improprio del «simbolo sonoro (mantra)» di tutte le sette eretiche, e adotta invece il temine «invocazione», per descrivere propriamente "l'attività di richiamare l'essenza e il cuore del Sutra del Loto", ma solo per ragioni strumentali, a fronte del basso livello coscienziale della gente in quel preciso tempo crepuscolare di quel ciclo inferiore.

 

E' curioso, che da taluni venga considerato più qualitativo il temine «invocazione» rispetto al simbolo sonoro o «mantra», ma ricordiamo che nel primo caso il termine invocazione, rimanda a «richiamare» in senso occulto forze di natura infra-umana, e dunque tutt'altro che spirituali: questo termine infatti è di uso comune tra gli spiritisti e gli occultisti e numerose altre forme negative ritualistiche (necromanzia, presenze, demoni, ecc.. ). Dinamiche sempre di natura egoica, individuale e non universale, osservando dunque, che: questo termine non è nulla di originale, esclusivo e qualitativo, e presuppone inevitabilmente la posizione dominante dell'invocatore sulla forza da egli richiamata, e quindi «l'autorità del falso ego sui fenomeni della natura manifesta o oscura».

 

Il Simbolo sonoro o «mantra» invece, che è espressione spirituale e di ordine universale, non appartiene all'ambito della manifestazione sottile come nel caso delle invocazioni: il mantra è di ordine sovra-individuale e origina dal principio supremo, e promana dal vero Sé come sua espressione(4), permeando l’intera sostanza universale sottile e grossolana, «bypassando la mente, e senza essere compreso da questa», ed è per questo che il mantra appartiene propriamente alla «manifestazione informale». Questo significa, che non lascia modo a chi lo esercita di mettersi in una condizione di dominio verso qualunque oggetto a se esterno, ma permette di ottenere la perfetta conoscenza attraverso (nel caso del Buddismo Tradizionale) il processo di ri-collegamento all'intelletto superiore «Buddhi», che è al di sopra della sfera psichica, e attualizzare la trasformazione del piccolo io con il riassorbimento nel Sé universale. Conversione questa, che poi anche è la meta del Buddismo Tradizionale.

 

Molti, non comprendono che il Daimoku, o «Namu Myoho Renge Kyo» è il Supremo mantra del Sutra del Loto, e non sanno che in quanto principio universale il mantra si esprime in forme diverse in ogni Tradizione effettiva e autentica. I due strumenti combinati tra loro che sono «la preghiera» e «l'oggetto di culto», rispettivamente «mantra» (simbolo sonoro) e «yantra» (simbolo figurativo) sono nel caso del Buddismo di Nichiren Daishonin rispettivamente: «l'Odaimoku» e «il Go-honzon».

 

Dopo la comparsa del Buddha e dunque dopo la conseguente, progressiva e naturale degenerazione della Tradizione Buddista(5), nel corso del tempo le varie scuole sviluppatesi nelle più svariate forme dottrinali, più o meno vicine all'essenza dell'insegnamento centrale e fondamentale del Buddha Shakyamuni, erano in possesso di conoscenze e di metodi tramandati, anch'essi degenerati dalle varie mescolanze di molte credenze. Queste conoscenze, le quali non ve ne era rimasto spesso solamente che «le vestigia delle loro rispettive dottrine», erano ognuna di queste in disaccordo chi più e chi meno con il cuore e la volontà del Buddha Shakyamuni, e in sintesi, con il suo insegnamento fondamentale. Sullo studio dei Go-sho, si comprende attraverso i numerosi scritti di Nichiren Daishonin, in particolare quelli nei quali egli analizza, compara, e confuta i vari insegnamenti Buddisti del suo tempo e del passato sino al tempo stesso dell'esistenza del Buddha, una evidente classificazione qualitativa tra tutti questi, e nel seguire le sue valutazioni in merito a tutte le dottrine, ai vari maestri, ai fini da perseguire, e ai metodi usati dalle scuole, si può percepire non solo lo spirito che lo anima in questa opera, ma tutta quell'immensa Scienza che lo rappresenta nella sua funzione di restauratore (Buddha originale) dell'essenza della Tradizione Buddista.

 

Tornando ora nuovamente all'argomento dei mantra, il maestro Nichiren ne tratta ampiamente nei suoi scritti, mettendo in rilievo come le varie scuole Buddiste del tempo che ne facevano un largo uso come del resto dei «mudra», avanzassero la pretesa della supremazia dei loro insegnamenti rispetto all'insegnamento del Sutra del Loto, considerandolo inferiore a causa della «totale assenza al suo interno, di mantra, mudra e yantra». Quando Nichiren Daishonin tratta in maniera più che esaustiva dei mantra delle altre scuole Buddiste, compie, nel suo intento di spiegare ai vari destinatari delle sue lettere, una scientifica classificazione per ordine di autenticità, funzionalità e discordanza rispetto all'insegnamento fondamentale del Sutra del Loto, ed alla Legge Suprema universale (Dharma), evidenziando come questi metodi a causa della loro anacronisticità, ed a causa della più totale mancanza di qualificazione di tutti quei maestri che li praticavano e li propagavano, non erano più in grado di portare le persone né al raggiungimento dell'illuminazione, tanto meno al conseguimento della Buddità. Secondo il Maestro Nichiren Daishonin, la pratica di quei “mantra” contrariamente all'intento ed alle credenze di coloro che li praticavano, «li avrebbero condotti tutti quanti all'opposto della liberazione eterna», poiché erano in totale disaccordo con questo tempo specifico chiamato Mappo.

 

Il mantra, tanto per dissipare un po’ di ulteriori confusioni in merito, come si è detto in precedenza ha una funzione unica e una sola valenza, che consiste nel trascendere il campo psichico o la mente, e raggiungere Buddhi l'intelletto universale.

Il Maestro Nichiren, parlando dei «mantra» e dei «mudra» delle altre scuole Buddiste, faceva riferimento non più ai mantra nel senso funzionale del termine stesso, ma a quelle "invocazioni", chiamate abusivamente “mantra” dalle scuole degenerate, che nella loro più totale ignoranza (facendo confusione tra lo psichico e lo Spirituale), tali invocazioni, non solo non gli permettevano di oltrepassare la zona della mente (cosa che il mantra autentico può fare) ma li obbligavano a rimanere intrappolati in ciò che in metafisica viene chiamata la manifestazione sottile o il campo psichico.

 

Ora badate bene:

Nel Sutra del Loto mancavano i mantra non perché non ve ne fosse effettivamente e realmente, ma la soluzione di questo paradigma consiste semplicemente nel fatto che: «spettava a Nichiren Daishonin stesso, ad estrarlo e proclamarlo, nella sua principale funzione di restauratore della Tradizione oramai degenerata in pratiche in perfetto disaccordo con l'essenza del Buddha Shakyamuni».

 

Inoltre, occorre tenere assolutamente conto, della volgarizzazione e la mal-interpretazione simbolica dei testi di Nichiren durante tutto il corso dello svolgimento delle traduzioni da parte degli orientalisti del secolo scorso, senz'altro acculturati ma carenti di quell'intuito «Buddhi» necessario per conservarne la genuinità in rapporto alla scienza metafisica. E’ cosa fin troppo evidente per un occhio allenato alle Scritture Sacre: si possono trovare molti punti che fanno pensare che i Go-sho siano stati tradotti senza una qualifica necessaria «per vagliare l'essenziale dal sostanziale, l'esoterico dall'essoterico». Per esempio: quando il maestro Nichiren si riferisce ai sutra esoterici ed essoterici riguardo alle varie scuole Buddiste del tempo e quelle precedenti, è necessario tener presente la profonda degenerazione degli insegnamenti dottrinali del tempo, e che di esoterico e quindi di essenziale, non vi era niente altro che non fosse in realtà il Sutra del Loto stesso, del quale il maestro Nichiren ne era il ri-vivificatore (sempre prendendo per vera la Tradizione di Nichiren Daishonin ovviamente).

 

In conclusione: era evidente la dimensione occultista entro la quale quel contesto sociale egli era immerso, è evidente dalle motivazioni che abbiamo fornito poco prima, che in tutta l'opera che ha riguardato le traduzioni degli scritti di Nichiren Daishonin, e per giunta «il passaggio dall'alfabeto simbolico a quello analitico», e tutti i vari adattamenti alla mentalità moderna si è degenerato per alcuni versi il senso essenziale.

 

Ecco il motivo originale per il quale, viene detto oggi comunemente e “automaticamente”, che il Daimoku è il “Titolo” e “non il mantra” del Sutra del Loto!

 

Cercherò di riprendere successivamente questo argomento poiché ci sono svariate cose ancora da spiegare...».

 

 

 

 

Fabio Lapini

 

(1) Per ulteriori approfondimenti, rimando al mio articolo che troverete qui sotto dal titolo: "Simbogia ed effetti sociali" oppure ascoltare l'audio-video dal medesimo titolo che troverete sempre qui sotto.

(2) Per esempio la storia di MIlarepa

(3) Per ulteriori approfondimenti, rimando al mio articolo che troverete qui sotto dal titolo: "Decostruire, Bonificare, rivivificare"

(4) Per ulteriori approfondimenti, rimando al mio articolo che troverete qui sotto dal titolo: "Nel grembo universale".

(5) Per ulteriori approfondimenti, rimando al mio articolo che troverete qui sotto dal titolo: "La funzione del Buddha nella tradizione primordiale".

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