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la scoperta del Dharma

Karma e Dharma sono assolutamente interconnessi:

da una parte occorre purificare la mente dal Karma, e nel mentre si effettua questo processo,

si ri-acquisisce in misura direttamente proporzionale il senso di Dharma.

Dapprima la sua scoperta, e poi il suo adempimento.

(La prima e la seconda fase della purificazione).

 

 

 

 

 

 

Vorrei qui approfondire una volta per tutte, e a dispetto di coloro che offrono informazioni assolutamente antimetafisiche, il significato di Dharma e Karma e la loro interazione.

 

 

 

 

Dharma

 

Con questo termine che trova il suo corrispettivo Greco “Daimon”, viene ad essere indicata propriamente la natura soggettiva di ogni essere ivi incluso l’essere umano. In Aristotele ad esempio, il "Daimon" indicava l’inclinazione o la vocazione naturale.

Dharma, infatti, significa "vocazione o inclinazione naturale".

 

 

 

 

Karma

 

Per Karma invece, dobbiamo intendere necessariamente, "il livello di attaccamento e di identificazione del soggetto o l’anima alla dimensione sostanziale della realtà assoluta: in altri termini più comuni, l’identificazione e l’attaccamento alla dimensione materiale".

 

È vero che Karma vuol dire “azione compiuta”, ma con questa espressione non va intesa l’azione in sé, quanto invece ciò che dall’azione viene a prodursi, ovvero l’identificazione con gli oggetti dei sensi. 

Karma è definito anche come “Azione rituale”, e in questo caso per “rituale” va tradotto con "tendenza condizionante".

 

Non esiste il “Karma positivo” come da luogo comune messo in piedi dagli occultisti, e questo sarebbe un altro elemento da decostruire, ma il Karma è solo negativo. Karma è solo condizione! Per analogia: Karma è "un carico", che, come zavorra non permette di librarsi nell’infinito, e dunque, meno Karma è presente e più è possibile ascendere nella gerarchia degli stati molteplici dell’Essere Universale fino alla sua completa estinzione, che equivale alla riscoperta della natura eterna e dunque all’esordio alla liberazione finale.

 

 

 

 

Il rapporto tra Dharma e Karma

 

Poiché, non possiamo eluderci dall’agire e dunque non possiamo non rideterminare volta volta la nostra adesione al mondo materiale, l’unico modo per liberarsi dal Karma nonostante il nostro agire è: "quello di agire secondo il Dharma".

 

Di per sé non è sufficiente, questa formula, poiché non esiste motivo per il quale l’agire secondo la propria inclinazione naturale dovrebbe essere necessariamente la causa determinante per la "non identificazione con il mondo delle cose".

 

Per questo, ora dobbiamo comprendere, che il significato di “Dharma” non ha una valenza puramente soggettiva, ma rappresenta uno degli elementi dell’ordine cosmico.

 

C’è un terzo elemento oltre a Dharma e Karma da prendere in considerazione per comprendere l’intero quadro metafisico presente ed è il principio di “Guna”, senza il quale tutto il resto rimane nel mare del relativo.

 

 

 

 

 

Guna 

 

Guna, è la Legge cardinale e più importante dell’universo manifesto e condizionato, riconosciuta ovviamente in termini diversi da ogni Tradizione (che sia tale) del mondo di ogni tempo e luogo.

 

Il suo significato si traduce letteralmente in: “triplice influenza della natura materiale”, e trova il suo corrispettivo simbolico come abbiamo già osservato, in ogni Tradizione effettiva, e qualora anche in diverse tradizioni oramai degenerate, che difatti tale Legge seppur presente simbolicamente, è venuta ad essere accantonata al di sotto delle leggi secondarie non essendo di fatto, ne considerata, e né più compresa.

 

Ma tale Legge rimane vigente come tutte le altre leggi universali, nella loro disposizione gerarchica valoriale a prescindere da tutto. Difatti, si può riconoscere una Tradizione regolare ed effettiva, in primo luogo dall’importanza che di tale Legge ne fa.

 

Triplice influenza materiale, indica che tutta la manifestazione è divisa in tre livelli di associazione con la natura materiale, o per meglio dire con la sostanza universale.

Dai livelli più alti che ricevono una maggiore intensità di luce spirituale e intellettiva, livelli nei quali sono collocati per grado e stato gli esseri più luminosi e distaccati dalle cose del mondo, ai livelli intermedi soggetti alle influenze della passione.

 

Nel Buddhismo Tradizionale in genere, tale Legge è stata rielaborata per adattamento a tempo, luogo e circostanza, e per esempio, nella tradizione di Tien-Tai, tradizione alla quale esordirà poi in Giappone il grande maestro Nichiren Daishonin tale Legge passa da tre divisioni a nove.

 

Ma il termine Dharma non indica solo natura soggettiva, ma è soprattutto un termine che cala dall’alto, di origine Divina, che indica che tutti gli esseri sia sensienti che insensienti hanno il loro grado di condizionamento materiale e dunque in misura direttamente proporzionale possono ausiliare delle qualità dell’anima inclusa la potenza di natura divina.

 

C’è un altro fattore da considerare per concludere la relazione tra Dharma e Karma, che è "il tempo attuale".

 

Il tempo attuale, è caratterizzato dalle società a-Dharma, che non sono più strutturate in conformità alle Leggi universali e dunque contrarie alla Legge del Dharma, e che, come abbiamo visto negano la corrispondenza tra la natura individuale e la triplice influenza della natura universale.

 

Quindi, esattamente al contrario delle società socio-cosmiche, li sistemi sociali moderni che per la loro aritmia e de-centratura rispetto all’universo anziché favorire l’alleggerimento del Karma e delle relative retribuzioni, tendono invece a fare in modo che le persone aumentino il loro livello, e dunque il peso del Karma.

 

 

 

 

 

Ritrovare la Legge (Dharma)

(Il beneficio superiore)

 

Non dovresti lasciarti assimilare da questo mondo così come si presenta attualmente, ma cercare di realizzare come questo sarebbe se fosse in conformità con l’Essere Universale, per rispecchiarti e ritrovare la tua vera natura e così agire conseguentemente!

 

Dopo che abbiamo visto, che la società attuale è oggettivamente “a-Dharma” e dunque non conforme alle Leggi universali, passiamo ora ad approfondire “la condizione del soggetto”, ovvero, il disagio che sperimenta in modo costante chiunque non si ritrovi per la sua natura in una tale società, a prescindere dal suo stato sociale.

 

L’assetto psicologico più idoneo che dovrebbero assumere tali persone interiormente rette, dal temperamento ascetico e virtuoso, per permettere loro di poter vivere in una società di siffatte caratteristiche senza esserne assimilate, e quindi, parallelamente conservare una mentalità Tradizionale, anche se talvolta solo a livello intuitivo ed embrionale, consiste innanzitutto nel fatto di strutturare e poi mantenere due zone operative separate della loro mente: una per il mondo reale rovesciato e dunque contro il dharma, e l’altra zona invece, quella ascetica e librante, sempre contemplativa in rapporto al suo oggetto virtuale o “mondo ideale conforme alle Leggi universali”.

 

Questo assetto, permette la massima attività spirituale all’interno di una qualunque società sovvertita e dunque diaballica, permettendo: da una parte la possibilità dell’azione (o l’inazione) bonificata dal principio egoico, e dunque l’azione come mezzo dell’attività stessa, e dall’altra, in quanto frutto positivo di questo processo, viene a verificarsi il riconoscimento della propria natura in rapporto ad una delle tre influenze universali (Guna o una delle tre ripartizioni della corrispettiva dottrina dei nove mondi).

 

A questo punto, dopo tale realizzazione informale, e una volta riconosciuta la propria sfera corrispondente tra le tre, essi, dovrebbero cercare e riconoscersi nel proprio ruolo sociale tra i molti ruoli delle società Tradizionali, tutti corrispondenti perfettamente, sia allora come ora, sempre alla Legge cardinale del Triplice Guna.

 

Ebbene, una zona della mente opera virtualmente (ma realmente in forza dell’attività spirituale) orientata verso la società Tradizionale, e questo di per sé “è causa di lode alla Legge” (per usare termini comuni ai Buddhisti) nel mondo dell’anarchia intellettuale, mentre l’altra zona della mente, opera nel mondo reale (che rivela la sua natura virtuale in virtù sempre dell’attività prodotta dalla ricerca e della realizzazione del Dharma).

 

Chi vive nel mondo con questo assetto psicologico, e dunque, avendo preso coscienza del proprio Dharma in relazione alla Legge Suprema dei livelli di coscienza, e di conseguenza avendo realizzato simbolicamente la propria funzione sociale, non secondo i dettami del mondo sovvertito, che si basa sui criteri dell’ambizione piuttosto che su quelli dell’efficienza come in uso nelle società socio-cosmiche, determina a tutti gli effetti un puro simbolo, dal quale, gli effetti che ne derivano si riversano nel senso positivo “simultaneamente” sull’intera società!

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