Riflessioni sul rapporto tra peccato originale e senso di colpa
E' scaturito in me il desiderio di sviluppare un brevissimo articolo su questo argomento, dopo che nel dialogare con una mia amica piacevolmente sull'argomento del Cristianesimo, giunto il momento che ho messo in tavola l'argomento del peccato originale si è immediatamente arroccata affermando di "non avere nessuna colpa".
Il tema del peccato originale, suscita molto spesso, giustamente quanto erroneamente, certe reazioni dispotiche e di contrazione, in coloro che di fronte a questo si sentono, quasi al risalire di determinati elementi psichici atavici, immediatamente posti sotto accusa.
Queste loro reazioni istintive, mostrano senza errore di valutazione una determinata condizione, a causa di secoli di coercizione sociale per mano innanzitutto di certi atteggiamenti delle autorità spirituali intellettualmente degenerate e non più qualificate per la conservazione del Sacro, che perciò tale elemento fondamentale della tradizione Giudaica è stato molto spesso trascinato giù nella sfera della morale, poi calcificato oramai distorto, e fatto passare come causa in sé del senso di colpa strumentale, dalle retoriche e le narrative, libelliste, illuministe, anticlericali e comuniste dei secoli scorsi.
Il senso essenziale di questo termine, che non può essere applicato all'individuale astraendolo dal suo significato apertamente universale, com'è invece stato fatto per secoli, è dunque stato strumentalizzato per scopi coercitivi sugli individui.
Un esempio analogo tra i tanti, che soprattutto oggi è in auge, è quello del "Karma strumentalizzato come arma" negli ambienti Buddhisti e non solo!
Ciò che è drammatico di tutto questo, è che tale abuso perpetuato in maniera mirata e precisa, ha spesso fornito l'occasione alla parte offesa, per tentare di svincolarsi una volta per tutte dalle maglie dei dogmi, e con essi ahimè l'intera Tradizione spirituale, a favore di una presunta libertà tutta temporale ed emozionale.
Veniamo al significato:
Al fine di realizzare questo articolo in modo più semplice possibile, non entrerò di proposito in questioni specifiche come la caduta e la restaurazione dallo, e dello stato originale "x" e tante altri approfondimenti e applicazioni secondarie che punto punto necessiterebbero, per rimanere invece nel senso stretto del significato del peccato.
Il peccato originale, è un unico principio che si dispiega in due ulteriori principi secondari, di cui: il primo è la condizione di esistenza che riguarda tutti gli esseri manifesti, e il secondo è la passività spirituale del soggetto rispetto a tale condizione.
Il peccato originale, non ha niente a che vedere con le colpe morali, e dunque se mantenuto il suo significato essenziale, non deve originare di per sé uno stato cronico di colpa, poiché affonda il suo senso più profondo in ciò che concerne nel senso universale, a rigore:
1) la condizione di esistenza;
2) la legge dell'impermanenza delle cose;
3) tutti i limiti impliciti allo stato individuale.
In altri termini a me più graditi, il peccato originale equivale: "alla lontananza dell'essere umano da Dio".
Di fronte a questa realizzazione, che rimanda al "Timorato di DIo" (mai nel senso morale), e la redenzione dei peccatori con il sacrificio del Messia, a noi peccatori (o consapevoli e responsabili della nostra finitudine, che è sempre per natura maggiore di quanto crediamo), non rimane che adempiere alle nostre responsabilità di vita, sempre anticipando quelle etiche e morali (contrariamente alla concezione secolarista).
Questa condizione di base, nei confronti della quale l'essere umano in un modo o nell'altro in successione è;
1) tenuto a tempo debito a prendere coscienza, il che dunque implica il suo risveglio quand’anche doloroso alla sua stessa illusione, a causa dell’aver sopravvalutato la propria persona e sottovalutato la propria condizione di esistenza, sempre in forza della passività caratteristica di quest'era;
2) a farne i conti;
3) rimediare (convertirsi).
Ecco che, "dulcis in fundo":
il fatto di omettere o non rispondere a questi tre punti, equivale "ipso facto" a determinarsi ulteriormente alla "condizione eterna", piuttosto che procedere in senso ascetico verso la sua risoluzione o libertà eterna, spiegando in tal modo il significato del termine in questione.
Il peccato originale allora, oltre la condizione d'esistenza o la realtà oggettiva, equivale in quanto realtà soggettiva, a "non rispondere alla chiamata della coscienza, di fronte allo svelarsi della realtà nuda e cruda".
Ecco dunque, che se concepito sotto quest'ottica, il peccato originale è il banco di lavoro essenziale per procedere verso la salvezza eterna!
Ebbene, di fronte al peccato originale, il senso di colpa che è in intima relazione con il falso ego dal quale è alimentato, è collocabile simbolicamente al polo opposto del rapporto del soggetto con la sua coscienza (che è universale) e della disciplina spirituale.
Quindi, la realizzazione spirituale è un viaggio da intraprendere con veemenza, e il senso di colpa è una zavorra, quando invece occorre mantenere la rotta e la costante, e per dirla con Leonardo da Vinci:
"Volo continuo e autocontrollo".
Fabio Lapini
(Bozza suscettibile di rettifica)
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